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di Giovanna Monti, ingegnere ambientale residente a Washington DC dal 2008
Ora che finalmente l'inverno se ne e' andato, trovo sui giornali alcune riflessioni relative allo spargimento di sale per prevenire la formazione di ghiaccio sulle strade e mi sono tornate in mente le polemiche della Moratti, lo scritto di Stafania Doria da Vienna e la battuta di Obama sui poveri washingtoniani che, spaventati da una spruzzata di neve, chiudono le scuole e bloccano la citta'. Prima di entrare nel vivo della questione, ritengo importante introdurre due aspetti che aiutano meglio a comprendere la situazione: i bollettini meteorologici e le acque potabili.
Riguardo ai primi, mi sento di dire che gli americani sono fanatici delle previsioni del tempo, questo se da un lato giustamente si spiega con gli eventi meteorologici estremi che toccano il paese (come i recenti tornado) dall'altro mi pare sfoci, talvolta, in una preoccupazione eccessiva dei potenziali pericoli. A sua volta, cio' si traduce con l'adozione di misure preventive non necessarie o ridondanti, come l'eccessivo spargimento di sale.
In merito alle acque potabili, invece, si tenga presente che l'approvvigionamento di molte citta' americane dipende dalle acque superficiali (Washington DC: 90% dal fiume Potomac, New York: 88% da acque superficiali, Philadelphia: totalmente dai due fiumi che la bagnano, Boston: totalmente da due riserve, Los Angeles: 70% , in condizioni normali, da acque superficiali, Milwaukee: in gran parte dal lago Michigan) e, per questo motivo, l'impatto sulle risorse idriche dello spargimento di sale assume maggiore rilevanza. Il dilavamento superficiale di strade "trattate" con sale causa un incremento di sali nei corsi d'acqua superficiali e nella falda, minacciando non solo l'ambiente acquatico ma anche l'acqua potabile e aumentando la mobilita' di metalli pesanti presenti in lungo le strade. Gli impianti di potabilizzazione delle acque superficiali registrano un significativo incremento dei livelli di sodio dopo le nevicate invernali (negli ultimi 12 anni l'impianto di trattamento delle acque del fiume Potomac ha registrato un progressivo incremento delle concentrazioni di sodio).
Come mostrano i dati raccolti in molte parti del paese, il sale resta uno dei metodi piu' diffusi contro il ghiaccio sulle strade, soprattutto perche' facilmente reperibile, efficace e poco costoso, se non si fa un bilancio ambientale complessivo. Le riflessioni di questi giorni sulla stampa locale mirano, infatti, a creare un approccio "integrato" al problema; del resto molte realta' si sono gia' mosse in questo senso ed esistono diverse filosofie.
Il Dipartimento autostradale del Massachussets ha adottato una serie di misure per regolare lo spargimento del sale: l'individuazione di aree sensibili dove limitare o bandire l'utilizzo del sale (zone umide, zone di ricarica della falda, aree adiacenti ad approvvigionamenti idrici, zone agricole sensibili al sale); la creazione di un programma di bonifica delle acque contaminate da livelli eccessivi di sale; la pubblicazione di linee guida che indicano i materiali da utilizzare, la quantita' e la modalita' di spargimento in relazione alle previste condizioni atmosferiche. Altre amministrazioni autostradali (come quella del Maryland) mirano a rendere piu' efficace la gestione del problema ghiaccio con sensori sulle strade per il rilevamento automatico della temperatura superficiale e dell'umidita', o utilizzano (come il dipartimento di DC, dell'Ohio, di Chicago) un composto di succo di barbabietola (residuo della produzione di zucchero), salamoia e cloruro di calcio. Come vedete gli effetti negativi dell'utilizzo del sale sono molto dibattuti anche qui, soprattuto in relazione al problema delle risorse idriche e del relativo management integrato (acquedotti, fognature e acque bianche, ma questo e' un'altro problema...).
di Giovanna Monti, ingegnere ambientale residente a Washington DC dal 2008
Questo è il primo articolo di una lunga, spero, serie di corrispondenze dalla East Coast degli Stati Uniti. Prima di raccontarvi alcune notizie, credo sia opportuno spiegare la genesi di questa rubrica Aiat e presentarmi. Anzitutto ad Emanuele Regalini va il merito dell'idea, a me va l'onore di scriverla, le corrispondenze tratteranno tematiche ambientali tecniche e alcuni problemi e/o curiosità che, più in generale, possono interessare i soci Aiat.
Sono un ingegnere ambientale "emigrato" negli USA per seguire il marito, al momento sono alla ricerca di un lavoro nel mio settore ma, soprattutto, sono ancora in attesa del permesso di lavoro, cui il mio visto da diritto, e già su questo avrei molto da raccontarvi. L'iter per ottenere il permesso di lavoro non è così lineare e anche chi, come me, ha un visto di "moglie" con possibilità di lavorare o studiare deve fare domanda e attendere pazientemente la risposta (mi hanno detto al massimo tre mesi). Come sapete, non è il momento migliore per trovare lavoro, la perdita di posti a tutti i livelli, causata della crisi economica, è un argomento molto sentito e dibattuto quotidianamente su tutti i giornali. Da parte mia, sto cercando di aprirmi più strade possibili, per creare una rete di contatti con università e associazioni ambientali (con un profilo tecnico) cui propormi anche solo per una collaborazione.
Al momento, quindi, sono ancora fuori da un ambiente prettamente tecnico e questa prima corrispondenza sarà per lo più una serie di notizie e tematiche ambientali, cui ho accesso tramite i media e che mi hanno colpito nei primi due mesi di vita qui.
Ci sono grandi aspettative sul nuovo presidente e la "greenminded administration" e il dibattito sulle questioni ambientali è molto acceso, soprattutto perchè una parte del paese teme che una svolta verde comporti una difficile uscita dalla recessione e si traduca in un incremento della pressione fiscale sulle imprese.
Nonostante tutto il fermento e le speranze sulla green economy, che esercitano molto fascino anche nel nostro paese, devo dire di essere stata colpita in maniera contrastante dagli USA e credo che, per certi aspetti della vita concreta, l'Italia sia più avanti o che, comunque, non è tutto oro quello che luccica.
Prendiamo, ad esempio, la raccolta differenziata, ovviamente, io posso parlare solo per lo stato e la città in cui vivo, che però è pur sempre la capitale degli Stati Uniti d'America. Esistono delle direttive locali, nella maggior parte dei condomini ci sono i bidoni per il riciclo di plastica, vetro, carta e lattine (tutti forniti dalla municipalità), ma non esistono dei veri e propri obblighi o controlli al riguardo, il tutto è lasciato alla sensibilità personale. Su questa non mi posso esprimere ma, ad esempio, mi ha colpito lo spreco enorme di sacchetti al supermercato, dove sono i commessi a imbustare direttamente la spesa. I sacchetti possono essere di plastica (quelli delle catene a basso e medio costo) o di carta riciclata (quelli dei supermercati biologici, organici), ma non sembra esserci grande consapevolezza che costituiscono un ulteriore rifiuto per quanto alcuni possano essere più "ecologici" di altri. Nonostante in alcuni supermercati ci siano dei cartelli che invitano all'utilizzo della vecchia e cara borsa della spesa, i sacchetti plastica o carta sono sempre là, pronti, gratis e nessuno ne lesina la quantità. D'altro canto, però, so che la politica di riciclo è più sviluppata a New York dove, per legge, è necessario procedere alla raccolta differenziata e, in caso di infrazione, si è soggetti a sanzioni pecuniarie.
E' quindi necessario fare sempre dei distinguo, ma credo che questo possa valere anche per la visione degli Stati Uniti che si ha dall'altra parte dell'oceano. E' un po' quello che succede per l'efficienza energetica degli edifici, che è uno dei numerosi punti del programma ambientale di Obama, e uno pensa "ah fantastico"là si che guardano avanti". Certo è sicuramente un miglioramento ma il livello di isolamento termico negli edifici pubblici o privati in cui sono stata in Italia e nei Paesi Bassi (dove ho vissuto per un po') mi pare migliore di quello degli edifici in cui sono stata finora nella capitale, soprattutto in corrispondenza dei serramenti.
Concludo con una notizia sull'EPA che è stata al centro di uno scandalo ambientale per quasi tre settimane a cavallo di Natale. Il tutto è nato da un'inchiesta del Washington Post sulla bonifica della Chesepeake Bay (il più grande estuario degli USA, la foce del fiume Potomac), dove le attività sono iniziate 25 anni fa e se ne prevedeva la conclusione entro il 2000. Il termine è stato più volte rimandato, poichè non si raggiungevano gli obiettivi stabiliti, e alcuni responsabili della progettazione e dell'esecuzione sono stati accusati di aver emesso alcuni rapporti sullo stato di avanzamento lavori troppo "rosei". I dati pubblicati non erano quelli effettivi, relativi alla qualità delle acque e delle zone umide, ma i risultati di modelli matematici predittivi che simulavano la corretta applicazione delle tecniche di bonifica! D'altro canto però non posso non menzionare la lettera inviata, dietro obbligo EPA, dal gestore dell'acquedotto cittadino a tutta la popolazione per rendere noto che il livello di torbidità dell'acqua aveva superato il 22 Dicembre 2008, per 14 minuti, i limiti imposti dall'agenzia.
di Stefania Doria, (ingegnere ambientale residente a Vienna da 5 anni)
Qui a Vienna finora ha nevicato solo 5 cm, ma ho sentito le polemiche milanesi e soprattutto le dichiarazioni del sindaco Moratti: sono rimasta letteralmente basita dal peso che ha avuto il tema del sale da spargere sulle strade. Ma lo sapete che a Vienna (credo in tutta l'Austria e Germania, non ho dati sul resto dei paesi nordici) è vietato da 15 anni buttare sale per gli effetti ambientali? Si usa un pietrischetto (=ghiaia frantumata), che a onor del vero crea qualche problema di polveri fini - bisogna spazzarlo via appena si scioglie la neve - ma almeno ha il vantaggio di non alterare il pH delle acque uccidendo la flora e fauna circostanti. Per fare un esempio classico, che forse piacerà di più ai nostri politici umanistici, Catone quando ha detto "Carthago delenda est" ha fatto buttare il sale, o no?
Tutto questo boom mediatico per una cosa intrinsecamente sbagliata mi indigna alquanto. anche l'ACI austriaco ha dimostrato che il sale danneggia moltissimo le auto, mentre il ghiaietto solo molto poco.
Un'ordinanza comunale del 2003 definisce come si spala la neve a Vienna (disponibile a questo indirizzo http://www.wien.gv.at/umweltschutz/winterdienst.html, ma purtroppo solo in tedesco, turco e serbo tipiche lingue dei portinai viennesi); traduco la seconda frase del secondo paragrafo (introduzione dell'Assessora all'Ambiente): "Lo spargimento di sale a Vienna rimane fondamentalmente vietato in tutte le zone protette. Questo vale in particolare sui prati e intorno a piante per un raggio di 10 m. La ragione è la protezione delle piante: il sale nel terreno toglie l'acqua alle piante, muoiono letteralmente di sete"; poco dopo l'assessore aggiunge che si deve recuperare il pietrischetto in primavera, stoccandolo per la stagione futura. E lo fanno davvero, l'ho visto con i miei occhi. Ci sono anche disegnini per come si spala, dove dicono cose ragionevoli, del tipo non buttare la neve sulla strada, se no siamo daccapo. E anche questo posso assicurarvi che lo fanno, anche se non sempre come da ordinanza...
Insomma, invece di fare affermazioni del tipo "Milano ha retto il confronto con le metropoli europee (sic!!)", (ma quali?: Roma, Lisbona, Atene forse?) non si può stare zitti e informarsi davvero su cosa fanno altrove in Europa?
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